Fumetti
Ho letto il mio primo Dylan Dog a 17 anni, era l’estate del 1988 e servivo i coni in una gelateria. Alcuni ragazzi avevano portato dei fumetti da leggere nei tempi morti, e così mi è capitato tra le mani “Goblin”. L’ho chiuso e mi sono ripromessa di non leggere mai più quel terribile fumetto. Ma non ho mantenuto la promessa. Ero una lettrice esigente e ancora oggi la reputo una fortuna, cerco di non scrivere mai qualcosa che non leggerei. Nel 1997 sono passata dall’altro lato della barricata ma non ho smesso di leggerlo nemmeno quando a scriverlo ero io.
Non avevo programmato di scrivere fumetti e mi è successo. Ho imparato a scrivere scrivendo, e a sceneggiare sceneggiando. Sono stata fortunata a incrociare la mia strada con Dylan Dog invece che con Superman, perché altrimenti i fumetti non li avrei scritti mai. Perché lui e non Superman? E’ questione di distanze. Se chiudi gli occhi e allunghi la mano pensando a Superman non accade niente. Ma se allunghi la mano e pensi a Dylan lui è lì, a distanza di braccio. Vero, limitato, umano. Dylan è stato creato da un uomo che non si sognava di rappresentare un’icona, ma che voleva, semplicemente, dare vita a una persona in cui rispecchiarsi. Se non si fosse trattato di Tiziano Sclavi questa impresa sarebbe fallita. Invece, al di là del terrore, al di là dell’avvenenza, al di là di una contenitore nuovo per gli incubi, atipico e accattivante, il pubblico ha “sentito” Dylan. Ha sentito che non era un eroe, ma solo un uomo, con ambizioni da uomo e fallimenti da uomo. Tiziano ha accorciato talmente le distanze da consentirci di empatizzare totalmente con il suo personaggio, la sua persona. E così quando sono saltata dall’altro lato e mi sono ritrovata davanti al computer, per inventare nuove avventure, io sapevo già tutto. Conoscevo Dylan e non avevo bisogno di altro. O lo vivi davvero oppure rimane vuoto, come un fantoccio. Dylan va “indossato”, oppure è lui che “indossa” te. Per questo ogni disegnatore lo tratteggia in maniera assolutamente peculiare, non è un personaggio universale, è un personaggio personale, quasi intimo.
Così “ci sentiamo”, “ci indossiamo” siamo compagni di vita, coinquilini sporadici a Craven Road 7.
in un mondo dove non esistono più disuguaglianze, povertà e malattia, vige una sola legge: la regolamentazione della morte. Si nasce come prodotti di laboratorio, con una data di scadenza impressa nel DNA. Sono sei le età limite possibili, e nessuno conosce la propria. Richie sa che potrebbe morire il 10 ottobre, giorno del suo undicesimo compleanno. Ma un giorno incontra un misterioso gruppo di persone che ha un piano per far saltare il sistema di pianificazione della morte, in nome di qualcosa che tutti hanno dimenticato: la libertà...
Futuro remoto. Dopo l’ultimo conflitto mondiale, il pianeta è in ginocchio. Le radiazioni e gli effetti dell’agire umano sul clima hanno modificato le condizioni atmosferiche, e il mondo è in larga parte ritornato alla natura più selvaggia. Sono sopravvissuti cinque ceppi di esseri umani, che vivono isolati, nell’odio reciproco. È impossibile combattere una guerra, non ci sono più i mezzi, ma ogni popolo è arroccato nel proprio territorio, senza contatti con gli altri. Nella terra più a nord i comandanti meditano di conquistare tutte le altre terre, visto che sono riusciti a recuperare un’arma straordinaria. Nei loro laboratori, quattro ragazzi sono stati cresciuti perché un giorno potessero sacrificarsi per il bene del loro popolo. Non si sono mai incontrati tra loro. Sono portatori sani di alcune tra le più mortali malattie, e hanno un terribile compito: fare quanti più danni possibile nei territori nemici. Il contatto con il mondo esterno e l’innato istinto di sopravvivenza li faranno aggrappare alla vita, ma proveranno il desiderio di instaurare legami emotivi che per loro sono impossibili.
Ut è una storia che Corrado Roi ha concepito seduto nel cassone di un camion quando aveva 16 anni. Per tutta la sua brillante carriera non ha mai smesso di lavorarci, prendendo appunti, scrivendo sequenze e dialoghi, schizzando bozzetti e studiando i personaggi. Il materiale accumulato in quarant’anni era un magma straordinario e caotico di concetti e idee del tutto nuove, praticamente impossibile da affrontare. Lo abbiamo fatto insieme dopo tantissime chiacchierate notturne su questo argomento e ce ne abbiamo messi altri 10 per riuscire a portare a casa sei albi ricchissimi e straordinari che non assomigliano a nulla di ciò che è mai stato pubblicato in Bonelli.
L’universo di Ut si rifà alle esperienze dirette di Corrado, ai suoi punti di riferimento pittorici e cinematografici, a concetti filosofici e letterari a lui cari e, semplicemente, all’universo che lo circonda (alcuni paesaggi sono presi pari pari da cartoline d’epoca della zona in cui vive). Ma non per questo è una storia difficile, anzi, si sviluppa su diversi piani di lettura, dal più semplice, godibile per tutti, al più complesso per i pochi che avranno gli strumenti per riconoscerlo. Un’opera ricchissima che è soprattutto una gioia per gli occhi, tavole in cui Corrado ha trovato la propria dimensione ideale, dando sfogo a tutta la propria creatività.
Ero entrata in Bonelli da pochi anni e Lucca non era ancora in città ma fuori, nella tendopoli vicino al palazzetto dello sport. Quell’anno pioveva che dio la mandava e nessuno mi conosceva. Io e Stefano casini ci eravamo incontrati su un forum, avevamo bisticciato ed eravamo diventati amici. Ci siamo ritrovati il primi giorno di fiera in uno spazio semideserto e siamo andati a cena insieme. Lì abbiamo chiacchierato, e tra i vari “ma come sarebbe bello se” è venuta fuori l’idea di Sighma. Che poi ha cambiato nome un sacco di volte, tra Sìghma, Sigma, Sìgma e Sighma. E’ rimasta un’idea in stato embrionale, lui mi ha mandato lo sketch di un viso lontano anni luce dal personaggio che poi è diventato e per un pezzo è rimasta lì. Quando la Bonelli mi ha proposto di fare una graphic novel io devo aver risposto una cosa del tipo “o Sighma o la morte”. E dopo un po’ di tira e molla io e Stefano abbiamo potuto metterci al lavoro su questa storia bizzarra, figlia di contaminazioni sue e mie, che può essere letta in molti modi, come fantascienza pura, come romanzo di formazione, come critica alla società, come ricerca del significato di identità. Ci hanno spesso chiesto di farne un seguito, ma secondo noi, anche se il finale della storia è aperto, la storia è giusto che rimanga così, sospesa, con mille seguiti ad attenderla.
La Storia
Un uomo si sveglia in un futuro indefinito, in un mondo vuoto in cui l'unica cosa presente è una costruzione suddivisa in livelli crescenti definita "La città". Lì dentro chiunque è marchiato con un microchip che stabilisce il suo nome, la sua funzione nella città e il livello a cui può salire. Ma l'uomo senza memoria non possiede microchip. La sola cosa che sa di sé è un enorme tatuaggio sul petto che riporta la lettera greca "sighma" e pochi oggetti nelle tasche. Grazie ad essi risalirà -letteralmente- alla propria identità, ma maggiore sarà l'ascesa e maggiore sarà il suo precipizio interiore.
Il racconto del passato di Jsana Juric, la spietata sociologa che è perfino riuscita a conquistare la carica Presidenziale e alla quale sono legate molte delle tragiche vicende che hanno visto protagonisti gli Orfani. La rievocazione della vita della Juric inizia dall’infanzia e dai traumi che l’hanno irreparabilmente segnata.
La vita di Kent Darwin, studente irlandese alla Sorbona, è improvvisamente sconvolta: Parigi viene devastata da eventi apocalittici apparentemente inspiegabili che hanno inizio la sera in cui Kent chiede alla fidanzata Chieko di sposarlo. Dopo aver perso i sensi, il ragazzo si risveglia e scopre che da quella terribile notte sono trascorsi interi mesi di cui lui non conserva memoria. In una città irriconoscibile, Darwin affronta i sopravvissuti, organizzati in gruppi senza più alcuna legge, insieme a un misterioso uomo che sembra sapere tutto di lui...